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giovedì 9 ottobre 2014

Fuga dei cervelli. Meglio giocare in casa o andare in trasferta?

     Non molto tempo fa l’individuo appartenente ad un paese sviluppato era consapevole di una cosa: vivere in una società basata sull’idea di solidarietà ed assistenza, una società capace di offrire l’opportunità di un’ascesa economica pari o superiore a quella dei propri genitori. L’accesso al mondo del lavoro era meno osteggiato rispetto ad oggi, ma ugualmente impegnativo. Si lavorava sodo e si tornava a casa stanchi ma capaci di apprezzare anche le piccole cose della vita quotidiana. Poi qualcosa è cambiato. È ormai tramontata l’idea onirica che credere in sé ed impegnarsi consentissero di raggiungere i traguardi ambiti. Oggi al giovane che varca la soglia universitaria in uscita non vengono fatte promesse né incoraggiamenti, bensì gli si rivolge un invito ad essere flessibile e competitivo. Bisogna essere capaci di aggiornarsi costantemente e maturare idee inedite, anche se tale suggerimento omette di calcolare i fisiologici limiti umani. Inoltre si viene spronati ad un allontanamento, non esattamente volontario, dalla propria terra d’origine.
Perché rassegnarsi alla «fuga dei cervelli»? Allontanarsi da casa, dalla propria città Natale, dai propri affetti, alla ricerca dell’affermazione personale, dimenticando che è in gioco la propria identità, legata appunto alle radici. Perfino lo sport ci insegna che una squadra che gioca in casa è più forte. Sulla questione dell’“esilio giovanile” sono duplicemente schierata.
Da un lato ne condivido i probabili spunti che, se acquisiti all’estero e sviluppati in patria, determinerebbero nuove opportunità di sviluppo per il paese. A tal proposito ricordo la storia di Giovan Battista Pirelli: figlio di un tipografo, ottenne una borsa di studio per recarsi in Francia per sei mesi nella Michelin, dove studiò l’evoluzione della gomma. Tornò con una borsa di appunti sull’industria della gomma e nel 1872, con l’ausilio di investimenti bancari, sorse l’industria Pirelli.
Dall’altro lato, esorto i lettori a lottare incessantemente per realizzare ciò che per loro ha realmente valore. Credete in voi stessi, siate audaci, coraggiosi, non datevi mai per vinti. Fate in modo che l'osservazione non si riduca a rassegnazione, ma alimenti il vostro spirito critico. Confrontatevi con interlocutori che hanno al loro attivo letture, titoli ed esperienze di vita e di lavoro, e scoprirete, col tempo, che qualcosa vi rende inattaccabili: la vostra irriducibile grinta.
Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 30 dicembre 2010, p. 42.

L'articolo fa parte della sezione "Lavoro". Potrebbe interessarti anche:
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