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martedì 21 ottobre 2014

I disastri naturali si abbattono contro l’uomo che non fa ammenda

     Il maremoto di Sumatra causa lo spostamento dell’asse terrestre di 7 cm (26 dicembre 2004). Il maltempo ha flagellato la Liguria (1 anno fa). Tromba d’aria investe l’Ilva (in questi giorni). Bombe d’acqua, pioggia battente, nubifragi di straordinarie proporzioni, disagi inevitabili, numerosi millimetri di acqua ne richiamano altri, persistenza di precipitazioni diffuse, rovesci o temporali di forte intensità, il fango acuisce il disastro.
L’allerta meteo non cessa. L’alluvione travolge ogni cosa e lascia dietro di sé giornate di lutto.
I fiumi esondano e molte altre regioni d’Italia non sono indenni.
I corsi d’acqua, manifestazione della natura per antonomasia, fuoriescono dagli argini investendo le opere dell’uomo nonché l’uomo stesso.
È colpa della natura? Non poniamola sempre sul banco degli accusati perché sarebbe l’unica a non aver mai agito in maniera subdola. Dovremmo invece interrogarci intorno alla liceità delle opere dell’uomo poiché tra i fattori che concorrono alla modificazione del territorio non va dimenticato l’intervento umano: disboscamenti, deviazioni di corsi d’acqua, costruzione di dighe, bonifiche di zone paludose. Sono trasformazioni artificiali del paesaggio. Col passare del tempo questi interventi provocano fenomeni apparentemente naturali come frane ed alluvioni, ma che in realtà affondano le radici in un precedente intervento umano sull’ambiente.
Ricordiamo che la distruzione dei boschi in montagna porta alla formazione di frane perché la mancanza di alberi causa un indebolimento del terreno. Le radici delle piante trattengono il terreno tra le loro ramificazioni rendendolo stabile. Anche le foglie degli alberi rivestono un ruolo non indifferente: intercettano le gocce di pioggia lasciandole cadere più lentamente sul terreno, facilitandone l’assorbimento. Ma questi sono solo cenni di geografia del territorio. Roba da infanti. Peccato però che il capriccio speculativo dell’uomo valga più della sua vita e del territorio che lo ospita.
Dopo l’ultima alluvione è stato asserito che vi erano tutti i permessi per proseguire nella costruzione di dighe, palazzi, o per deviare corsi d’acqua. Ma quei permessi erano meramente acquistati oppure fondati su un meticoloso monitoraggio della fisionomia e della geologia dell’ambiente?
Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 1 dicembre 2012, p. 28.

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