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domenica 5 ottobre 2014

Università di Bari in pericolo. Chiudere o estirpare le erbacce?

     Il rapporto Anvur è severo nella valutazione della qualità della ricerca meridionale. L’Università di Bari si colloca a fondo classifica. Il parametro di riferimento è quello delle pubblicazioni. Il presidente della Regione Abruzzo, Gianni Chiodi, tuona contro l’Ateneo barese giudicandolo una fabbrica di illusioni che andrebbe chiusa. Che situazione! Qual è la causa? Negli Stati Uniti se in un’azienda le cose collassano si organizza una battuta di caccia alla ricerca della bad apple, ossia della mela marcia che va allontanata dalle altre per non contagiarle. A Bari la formazione fungina, di colore biancastro e verdognolo e di odore particolare (muffa) che ha intaccato il sistema la si può scorgere in ciò che è pubblico. Non è necessario scavare a fondo nella vita dei docenti poiché i loro curricula studiorum sono resi pubblici all’interno dei siti di Facoltà. Da quei documenti si evincerà un percorso di studi tutt’altro che modesto, vantando soggiorni in prestigiosi istituti d’oltralpe. I danari permettono opportunità impensabili. Ma poi è in patria che si tenta la scalata sociale. Vincono la cattedra, ma non la onorano. Il loro iter professionale dovrebbe dare luogo a pubblicazioni scientifiche numerose e costanti nel tempo. Ma i risultati scarseggiano. Eppure non devono autofinanziarsi i libri. Eppure quei corsi di perfezionamento d’alto livello avrebbero dovuto determinare un’esplosione nella produzione accademica. Invece no. Se il lavoro di queste mele marce fosse a cottimo, non arriverebbero a fine mese. Situazioni del genere danno adito ai soliti sospetti con una novità: attraversiamo un varco e fluttuiamo a mezz’aria con alcuni termini: parentopoli, raccomandazioni, referenze. Parentopoli vuol dire che l’Università è simile a un’azienda a conduzione familiare. Che le ex fidanzate restino in buoni rapporti con i prof., dunque. Potrebbero inserirsi in Ateneo. Una raccomandazione può essere lecita o illecita. Nel primo caso prende il nome di referenza. Ma un genitore luminare ha la lucidità necessaria per fornire referenze sul proprio figlio? Essere figli d’arte o voler seguire le orme di babbo e mamma non è sbagliato, lo è ignorare le proprie reali capacità. Ma qualcosa di genetico ed ereditario c’è. Confrontando i curricula di due prof. imparentati si può notare il medesimo corredo cromosomico: macro titoli e micro pubblicazioni. È nelle loro mani che riponiamo la formazione dei nostri figli. Troppo pochi ancora sono coloro in grado di infondere passione professionale. La soluzione però non è chiudere, causando una retrocessione culturale del meridione, bensì estirpare le erbacce che vivono tranquille all’ombra di un contratto a tempo indeterminato.

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