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mercoledì 10 agosto 2016

Disoccupazione giovanile e pensioni: miscela esplosiva in agguato

     Una delle patologie che affligge la società è l’egoismo associato all’incapacità di individuare nessi causali. La disoccupazione (soprattutto giovanile) sfiora nuovi record, ma è il picco di indifferenza intergenerazionale a destare maggior orrore. Agli estremi della piramide anagrafica si collocano gli anziani con le pensioni d’oro, argento o bronzo (quelle minime) e i giovani adultescenti che terminati gli studi non possono far altro che regredire allo stato embrionale. Parlare in questi termini equivale a «piangersi addosso», espressione infelice e poco aulica con la quale i governanti spronano al cambiamento. Uno dei nostri obblighi è l’informazione, ma abbiamo anche dei precisi doveri verso il raziocinio, eppure vige intorno a noi la stasi più truce. I pensionati o colori i quali sono vicini alla culla del sistema previdenziale ignorano, probabilmente, che il loro futuro immediato è strettamente vincolato allo stato di salute impiegatizia dei più giovani. In Italia, infatti, sono i lavoratori di oggi che con i loro contributi pagano le pensioni. Si tratta di un sistema il cui equilibrio viene garantito dal patto intergenerazionale. Nessun pensionato ama che gli si tocchi il gruzzolo, specie se si tratta di pensioni d’oro! Ma allora siamo tutti collegati da un sottile fil rouge che non si può scindere.
Silvana Calabrese Italia Blog La scorribanda legale
     Capita che anziani in età pensionabile o impiegati che hanno cumulato molti anni di lavoro rivolgano ai più giovani, in stato di precarietà, quesiti circa i loro progetti e sogni. In un contesto tanto critico domande simili sono paragonabili a lame arroventate che lacerano la carne. E la cosa sembra appagare il loro sadismo. Non dispensano consigli, ma con estrema superficialità dimostrano di sottovalutare la realtà. Trascurano il fatto di non essere realmente al sicuro poiché un’atroce conseguenza è più vicina di quanto si creda. È un’ombra silenziosa l’economia sommersa. Pensate a quei giovani che hanno studiato con serietà ed anche a quei padri/madri di famiglia senza lavoro. Ora immaginate il vuoto interiore che provano, un vuoto che si amalgama con il senso di abbandono da parte della società e dei politici che affollano Montecitorio. L’unica speranza è il lavoro nero, le cui possibilità di guadagno placano la disperazione e non rappresentano il frutto della furbizia di medici e liberi professionisti. Chi fa della parsimonia la propria virtù è in grado di crearsi un fondo pensione. In questo caso il vero danno lede lo Stato e quei lavoratori tanto indifferenti verso la realtà giovanile ed incauti nell’impiego dell’egoismo. Solo unendo le nostre forze possiamo trovare una soluzione migliore. 
     Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 23 gennaio 2015, p. 20.

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