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mercoledì 17 agosto 2016

Voci chicane – mericans e altri racconti

Recensione: Pilar Godayol (a cura di), Voci chicane – mericans e altri racconti, trad. di  Annarita Taronna, Besa Editrice, Nardò (LE) 2005, pp. 162, € 13.
Quando la scrittura diventa catarsi, nonché atto di libertà, ecco che vengono alla luce questioni considerate tabù. Talvolta però, questa alternativa al silenzio, all’insegna della rivendicazione del proprio corpo, può avere connotati impetuosi, perchè la scrittura ha una potenzialità intrinseca: funge da cassa di risonanza e dunque facilmente enfatizza termini, frasi, paragrafi.
Voci chicane Recensione Silvana Calabrese La Nuova Ricerca
Nel racconto Guadalupe, la dea del sesso, emerge il mistero dell’essere donna. L’anatomia e la fisiologia del corpo femminile sono sconosciute ad alcune donne per l’arretratezza culturale mantenuta costante da un sistema religioso imposto nel tempo dal costume.
Conosci te stesso, la massima espressione filosofica e morale dell'occidente, si riflette ampiamente nelle scrittrici chicane. L'antica proposta socratica è piuttosto di difficile realizzazione, perchè l'identità umana non è statica, ma fluida, in continua evoluzione. Uno dei mezzi fondamentali, utili a ricostruire ogni identità, è il periodo dell’infanzia. L’emarginazione e la discriminazione sociali hanno il loro germe da un lato in quella supposizione infantile di invisibilità, dall’altro nel comportamento di ciascun individuo, così come viene esemplificato nel racconto Il dono?
Il primo brano, Mani, presenta una realtà chicana intrisa di miti, leggende e superstizioni, cui molti sono fortemente legati, forse anche in modo ossessivo, al punto da non accorgersi che un tentativo di soluzione è più vicino di quanto pensino e consiste nel mettere in pratica quello che in psicologia della comunicazione prende il nome di stile assertivo. Consiste nel riconoscere le proprie emozioni, le proprie debolezze, i propri bisogni e di comunicarli, aiutando al tempo stesso il proprio interlocutore a esprimere a sua volta i propri sentimenti. Appare chiaro che chiunque sia in grado di relazionarsi a questo livello è padrone incontrastato delle dinamiche comunicative.
Riconosco che il racconto Miss Clairol mi ha colto di sorpresa per la ricerca spasmodica della sessualità seguita da un miscuglio di impaccio, disgusto, infatuazione, illusione di vero amore. Il “romanticismo” è costantemente trasformato in un rapporto di concretezza e di istinti. Ci troviamo di fronte a descrizioni violente, crude, come quella acre della “prima volta” e invano ci aspettiamo pagine soavi e al tempo stesso struggenti del primo bacio e di sguardi come promesse.
Nello spirito del libro che si ferma a ritrarre strati umili della popolazione, legati allo slancio e all'istinto più che alla razionalità, si colloca di Sandra Cisneros Piccoli miracoli, promesse mantenute. È un elenco di ringraziamenti e di ex voto, pratica diffusa in passato anche in occidente, ormai divenuta obsoleta con l'avanzare della civiltà industriale, cui ricorrono con l'ingenuità propria delle popolazioni incolte che non hanno altro strumento di elevazione.
A Pilar Godayol si deve la possibilità di leggere queste pagine che fanno da eco ad una realtà lontana dalla nostra e che ci induce a riflettere sullo stile di vita di persone che hanno perso in partenza la battaglia contro la sorte, intrappolate come sono nel vortice di quei sistemi culturali stereotipati, lontani da ogni offerta di soluzione. Forse unica loro consolazione è quella di ignorare l'esistenza di realtà completamente diverse da quella che vivono.
Si coglie nelle pagine del libro una profonda ingenuità e un senso del pudore imposti dall'alto dalla religione, quella stessa cui si può imputare l'accusa di una dilagante confusione che si ripercuote in particolar modo sulle donne e genera massima vergogna verso ciò che è naturale. Dare voce a chi prima non ne aveva è una conquista di civiltà. In ambito forense si potrebbe pronunciare l'espressione chiamare a deporre un teste. Chiamiamo a deporre ancora una volta Sandra Cisneros, autrice del brano Guadalupe, la dea del sesso:
«Essere donna è un gran mistero. Io ignoravo il mio corpo così come qualsiasi mia antenata che si nascondeva sotto un lenzuolo con un buco al centro quando il marito o il medico volevano 'visitarle'. La religione e la cultura, la cultura e la religione, non fanno altro che accrescere questa confusione, un'idea vaga su ciò che accadeva 'lì giù. Mi vergognavo così tanto delle mie parti basse che ancora in piena giovinezza non sapevo di avere un orifizio chiamato vagina; ero convinta che il ciclo mestruale arrivasse attraverso l'uretere o, forse, attraverso le pareti della pelle».

La recensione è apparsa su «La Nuova Ricerca», Rivista del Dipartimento di Linguistica, Letteratura e Filologia Moderna, anno XVII–XVIII, N. 17–18, Fabrizio Serra Editore, Pisa–Roma 2008–2009, pp. 303–304.

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