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domenica 11 dicembre 2016

Videogiochi. Importanti per i piccini, ma ad una condizione

I videogiochi sono nati da un esperimento per una tesi di dottorato negli anni ’50. Ci si accorse che l’interesse degli utenti proviene dalla simulazione della realtà trasponendo su uno schermo leggi fisiche (es. il moto). Sono stati elaborati numerosi dispositivi elettronici (per i diversi giochi) che consentono l’interazione con le immagini di uno schermo mediante periferiche come tastiera e joystick. L’evoluzione dei dispositivi ha generato i videogame tridimensionali capaci di andare ben oltre l’intrattenimento esercitando prorompente attrazione. Il giocatore vi si immerge totalmente. La tecnologia diviene esperienza di gioco (avventura, azione, ruolo, strategia, sport, simulazione).
Battle City Tank Silvana Calabrese videogiochi
Eminenti psicologi affermano le proprietà benefiche dei videogiochi che stimolano il cervello inducendo ad agire con immediatezza di ragionamento. I videogame incrementerebbero le potenzialità intuitive, tecniche, tattiche e strategiche. Studi meno enfatizzati lanciano, invece, un serio allarme circa la dipendenza e i deficit di memoria ed apprendimento cagionati dall’interazione col virtuale. Gli attuali infanti sono dei nativi digitali espertissimi. Si direbbe che le realtà 3D abbiano sviluppato in loro grandi capacità di immaginazione, ma un esempio pratico confuta questa ipotesi: ho visto bambini alle prese con uno di quei labirinti in cui con il tratteggio della penna si deve aiutare il topolino a raggiungere il pezzo di formaggio dall’altra parte del labirinto senza valicare le pareti. Il pargolo pare in preda a gravi disabilità e disegna linee rette piuttosto che cercare un sentiero. Dov’è finita la capacità di elaborare strategie o di immaginare l’ostacolo da sormontare e la tattica per raggiungere l’obiettivo? E la capacità intuitiva che i videogiochi dovrebbero innescare nelle fertili menti dei più giovani? La penna è un macigno in mano ai nostri bambini e sembra di trascinarla sul foglio di carta simile ad una strada accidentata.
La dipendenza è un dato di fatto. Il potere che i videogiochi hanno di isolarci non denota concentrazione, ma alienazione. Tuttavia c’è un modo per coniugare le opposte tesi degli esperti. Tornare al gioco bidimensionale. Giocare con un partner coetaneo o figura di riferimento. Avere dialogo durante il gioco per elaborare strategie vincenti. Non dedicarvi troppo tempo e non renderlo un appuntamento fisso. I videogame non sono una cura. Seguendo queste semplici regole si evitano spiacevoli inconvenienti e si instaura un dialogo intergenerazionale. Le ho elaborate da adolescente quando giocavo a Battle City Tank, un gioco d’azione in cui il proprio carro armato (tank) deve abbattere una schiera di 20 carri armati nemici, difendere la base e raccogliere rapidamente dei bonus. Ogni livello comporta delle difficoltà legate alla distribuzione di muretti, fiumi o boscaglie. 
Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 11 luglio 2015, p. 16. 

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