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martedì 11 luglio 2017

Oltre le colonne d’Ercole? Costituzione europea, analisi e prospettive

Recensione: Giulia Maria Gallotta, Oltre le colonne d’Ercole? La costituzione europea fra analisi storica e prospettive future, Cacucci Editore, Bari 2010, pp. 275.
unione europea
     L’espressione mutuata dal campo mitologico ed impressa nel titolo trova una duplice foce. Da un lato la prefazione svela la fisionomia dei lettori cui l’opera è destinata: studenti e ricercatori bramosi di approfondire il tema del dibattito costituzionale europeo, ma a fronte della portata dei suoi argomenti, il testo resta un prodotto di nicchia e la stessa Unione europea viene intesa dai cittadini comunitari come una realtà lontana percepita al pari di una farragine o trascurata del tutto. Lo ha dimostrato il turbinio di articoli in merito al caso dell’Irlanda alle prese con il referendum per la ratifica del Trattato di Lisbona, il cui contenuto pare sia stato compreso dagli esponenti del ceto medio da cui provenivano voti positivi. L’Irlanda è l’unico paese a esprimersi con un referendum popolare e non per via parlamentare come negli altri paesi membri. Tale impasse ci conduce alla seconda foce, quella intesa e dichiarata dall’autrice stessa: se la Cee/Ue è sorta attorno al modello federal funzionale di Jean Monnet, al quale si unisce l’idea di dotare l’istituzione di un trattato costituzionale, oggi quegli stessi obiettivi forse non sono più condivisi, tramutandosi in metaforiche colonne d’Ercole che, se inserite nella storia del processo di integrazione, divengono invalicabili.
Oltre le colonne d'Ercole
     L’istituzione intergovernativa composta dai capi di stato e di governo che esamina le principali problematiche del processo di integrazione europea, il Consiglio europeo, avanzò ufficialmente l’idea di creare una costituzione nel 2001 con la Dichiarazione di Laeken. Giunti a dover ratificare nel 2004 il Trattato Costituzionale, questo fu bocciato dai referendum francese e olandese. L’aver riciclato un’alta percentuale del contenuto del Trattato Costituzionale riproponendolo nel Trattato di Lisbona ha portato con sé l’elemento cancerogeno del tormentato iter di ratifica. La «cellula» propensa a infettarsi è proprio l’idea di una costituzione europea. Ad essere smussata è stata la parte dal contenuto simbolico esplicitamente costituzionale. Sulla linea di partenza del lavoro di ricerca si collocano alcuni quesiti tra i quali spicca: «Perché tanto accanimento contro la valenza costituzionale del trattato?». A partire dal presente interrogativo prende il via la monografia. Si procede a ritroso nel tempo alla ricerca del significato del concetto di costituzione del quale se ne delinea un excursus. Fatte presenti le diverse accezioni del termine costituzione, come ad esempio delineare la struttura delle istituzioni di uno Stato ed il loro funzionamento, introdurre delle limitazioni al potere sovrano o perseguire l’obiettivo della promozione dei diritti dei cittadini, abbiamo di fronte una nozione ricorrente nella storia del pensiero politico.
     Ripercorrere le principali tappe dell’evoluzione del concetto di costituzione, individuandone i criteri peculiari, è il modo mediante il quale l’autrice ritiene di poter comprendere le stesse tematiche su larga scala.
     Dalla Grecia antica alla Roma repubblicana, passando per il De Legibus et consuetudinibus Angliae di Henry de Bracton, il quale attuava una distinzione tra gubernaculum e iurisdictio quando ancora i concetti di assolutismo e costituzionalismo non erano nemmeno intuiti, si giunge all’Esprit des Lois, l’opera di Montesquieu, con la quale si sviluppa un’idea moderna di costituzione concependo la teoria della separazione dei poteri, a garanzia di un equilibrio perfetto in grado di arrestare l’assolutismo, la stessa che viene operata nella costituzione federale degli Stati Uniti (1787). La federazione avrebbe consentito di conciliare due esigenze altrimenti in contrasto: gli States in quanto piccoli stati garantiscono una migliore rappresentanza dei cittadini ed in quanto grande stato assicurano forza internazionale.
     Una questione ancor più delicata è quella relativa alla nozione di potere costituente ripensando al «We the people of the United States» oppure al «Qu’est–ce que le Tiers Etat». Nell’ambito della Comunità europea è noto il ruolo forte degli Stati più che dei loro cittadini. A suffragio di tale assunto vi è l’esempio dell’entrata in vigore dei trattati vincolata dalla ratifica da parte di tutti gli Stati membri.
     La difficoltà della ricerca condotta risiede nell’argomento. L’idea di costituzione secondo l’analisi cronologica condotta mostra il suo legame con lo Stato. Questo è un tassello che non combacia con la realtà dell’Ue perché l’Unione non è uno Stato, bensì un’organizzazione fra Stati dotata di competenze e non poteri. Senza poteri vengono meno i deterrenti e questo fa dell’Ue una creta nelle mani dei suoi Stati membri.
     I primi progetti di Costituzione per l’Europa sono da attribuirsi a Carlo Rosselli e Luigi Einaudi nel primo ventennio del Novecento. Fu solo il primo ad impiegare il termine costituzione a differenza di Einaudi che utilizzava il lemma organizzazione.
     Nel 1951 nasce la Ceca con soli sei stati fondatori seguendo il metodo federal funzionale di Monnet e prevedendo il principio di sovranazionalità. I padri fondatori forse prematuramente vollero avanzare il passo successivo istituendo la Comunità europea per la difesa destinata a fallire irreparabilmente per via del riarmo tedesco e dell’imprecisione sulla natura della comunità, federale o confederale. Il trattato fondatore dell’Ue è il Trattato di Roma (1957) che introduce organi come Commissione, Consiglio dei Ministri, Corte di Giustizia e Assemblea parlamentare che dal ’79 diviene Parlamento europeo eletto a suffragio universale diretto. Nel tempo si sono susseguiti progetti e documenti di ispirazione costituzionale (Progetto Spinelli, Progetto Herman, Progetto Penelope, ecc.), spesso presentati come fossero dei trattati, ma che puntualmente si sono incagliati tra gli scogli dei dissensi sulla questione costituzionalità. Ma per l’Ue gli anni ’90 avrebbero rappresentato l’ennesima sfida: la riunificazione della Germania unita alla caduta dei regimi comunisti esortano la Comunità ad adeguarsi ai nuovi scenari geo–strategici. In vista dell’allargamento i trattati vengono rivisti. Con maggiore chiarezza e determinazione si giunge nel 1999 ad elaborare una Carta europea dei diritti fondamentali che pone al centro la persona e non il cittadino e si impone sulla scena con il suo carattere costituzionale, nonostante ciò la sua sorte sarà la proclamazione cui non farà seguito l’approvazione.
     Il concetto di costituzionalizzazione dell’Ue riemerge nella giurisprudenza della Corte di Giustizia, la cui sovranazionalità si esplica nell’applicabilità diretta, nel primato del diritto comunitario e nel principio delle competenze esclusive dell’Unione, come dimostrato da alcune sentenze, ma i giudici che la compongono vengono nominati dai governi degli Stati membri e pertanto viene meno la volontà dei popoli della Comunità.
     Non manca la trattazione sulla modalità di voto nei processi decisionali dell’Unione: unanimità e maggioranza qualificata. Nel primo caso gli stati conservano la sovranità nazionale, mentre nel secondo riconoscono la sovranazionalità dell’Ue. Inoltre ci si interroga sulla possibilità di ravvisare in ambito europeo la separazione dei poteri tra: l’organo di guida politica dell’Ue, il Consiglio europeo; il Consiglio dei Ministri avente potere legislativo esercitato congiuntamente con il Parlamento europeo; quest’ultimo svolge una funzione consultiva nei confronti della Commissione europea dotata di monopolio di iniziativa e detentrice del potere esecutivo condiviso col Consiglio. Alla Corte di Giustizia è affidato il potere giudiziario e la capacità di creare diritti e doveri i cui effetti immediati si estendono dagli Stati ai loro rispettivi cittadini. 
     L’ultimo di una futura serie di travagli è spettato alla ratifica del Trattato di Lisbona. L’eco del «no» degli irlandesi è stato assordante nonché lesivo verso un’Unione delicata e perennemente percepita come distante. Se nel giugno 2008 fosse stato stilato un elenco di conseguenze e possibili soluzioni per tale diniego e se fosse stata ritenuta improbabile la concessione di una seconda opportunità di voto per l’Irlanda, reputandola come dimostrazione di scarso rispetto della volontà popolare, è invece stata proprio una nuova consultazione referendaria, tenutasi il 2 ottobre 2009, a restituire emoglobina alle sorti europee. Ogni epoca mostra le sue colonne d’Ercole: oggi al posto di una sterminata massa d’acqua vi è l’idea della concretizzazione di una costituzione europea temuta politicamente e socialmente misconosciuta dai cittadini.

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