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martedì 19 dicembre 2017

Dall’infanzia abbandonata all’infanzia inflazionata

Silvana Calabrese da bambina infanzia Blog
     A quale tipo di infanzia siamo abituati? Conosciamo, sia pur per cenni, qualche informazione circa l’infanzia dei secoli scorsi? L’infante odierno vive circondato da cure, affetti ed eccessi. È un’infanzia inflazionata. Nel 2007 in Italia sono state riproposte le ruote dei trovatelli, ma non si tratta di una novità, bensì di una realtà che affonda le sue radici nei secoli XII–XVIII. Uno dei capitoli più toccanti e drammatici della storia è quello dell’infanzia abbandonata che ha disseminato numerose tracce archivistiche. L’abbandono era un fenomeno che raggiunse connotati allarmanti. Era motivato da condizioni di miseria o disonore qualora le origini fossero state illegittime. L’istituzione della ruota, posta all’esterno degli orfanotrofi, fu l’unica possibilità di sopravvivenza per i figli non voluti, ignari delle proprie origini e proiettati verso un destino avente come unica certezza la vita in comune con gli altri orfani o trovatelli. Il fenomeno raggiunge apici di pathos quando elenchiamo i luoghi dell’abbandono: i più disparati dall’aperta campagna alle piazze. Dal luogo dell’abbandono traspare l’intenzione che il piccolo sopravvivesse, come nel caso di fagottini deposti vicino alle chiese per cui si sperava in un ritrovamento veloce. Diverso è l’abbandono in aperta campagna, luogo in cui il pargoletto sarebbe stato esposto a intemperie o all’attacco di animali e la sua morte sarebbe avvenuta nel giro di pochissimo tempo. Questo ragionamento porta ad affermare che il confine tra abbandono e infanticidio abbia contorni sfumati. Ma vi sono anche aspetti dolenti del distacco. Per le donne che trovavano nell’affidamento all’istituto l’unica possibile soluzione la separazione dal piccolo era dolorosa: a dimostrarlo ci sono piccoli bigliettini di carta inseriti tra le fasce e riportanti raccomandazioni e indicazioni che facilitassero un eventuale futuro riconoscimento. Altri segnali volti a rappresentare un legame con la famiglia di appartenenza sono frammenti di monete e carte da gioco tagliate a metà, una per il bambino e l’altra trattenuta dalla famiglia. Quel trancio di carta da gioco avrebbe, un giorno, garantito la parentela col piccolo e il suo recupero. Ma il riconoscimento, spinto dal desiderio ardente di ritrovare il proprio figlio, spesso veniva stroncato irreparabilmente dalla nefasta notizia della morte dell’infante.
     L’infanzia, un tempo così vulnerabile e trascurata ed oggi contornata da un eccessivo benessere. 
     Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 29 novembre 2014, p. 20.

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