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giovedì 12 aprile 2018

Occhiali «da lettura» o «da ufficio»?

Occhiali da (s)vista. Quando la svista è nella lingua
Numerosi reclami mi inducono ad aggiungere alle tre armi della scherma una quarta: fioretto, spada, sciabola e … penna. Quotidianamente compiamo un gesto usuale come quello di inforcare gli occhiali, dando per scontata la grande scoperta del passato. Tra le grandi invenzioni infatti si annovera quella delle lenti bifocali da parte di Benjamin Franklin nel 1752. Ma dopo alcuni secoli c’è ancora qualche problema.
Occhiali lettura ufficio svista vista Silvana Calabrese - Blog
Non sempre i disturbi di vista necessitano di cure ambulatoriali. Spesso, in particolare di recente, è opportuno rivedere un manuale di lingua italiana. Se c’è un settore che non conosce la recessione economica, si tratta dell’“ufficio reclami”, l’unico posto in cui non ci si sente mai soli e che raccoglie svariate storie di vita. Vediamone una. Alcuni amici con problemi di presbiopia hanno trascorso un pomeriggio in un negozio di ottica per risolverli. Il dì seguente sfoggiavano nuovi occhiali e … la vecchia vista. “Mettiamo a fuoco” i dettagli: avevano bisogno di lenti progressive, dette anche multifocali, descritte come il risultato dell’alta tecnologia applicata all’oftalmologia. Infatti consentono di vederci nitidamente a qualunque distanza. Ma quando la tecnologia procede, l’italiano rimane diverse “diottrie” indietro. Gli ottici hanno posto una domanda: «occhiali da lettura?», ed i pazienti hanno annuito ignari  della differenza tra “occhiali da lettura” e “occhiali da ufficio”, differenza che viene data per ovvia. I primi servono a chi si dedica alla lettura ad una distanza fissa, mentre il secondo tipo prevede sia una distanza ravvicinata che una intermedia, ed è indicato per chi utilizza il computer. Per spiegarlo in termini ancor più familiari: anche una casalinga ha diritto a richiedere degli occhiali da ufficio. Abbiamo dunque diagnosticato un errore di lingua italiana. Tuttavia ho invitato i miei amici a non scoraggiarsi e a tornare dal loro ottico per sostituire gli “occhiali da svista” con un paio di occhiali da vista.
Per il futuro? Sarà meglio che interroghino a lungo il loro ottico di fiducia prima di effettuare l’acquisto. Anche se l’esperienza personale è preziosa, i miei amici sventurati sono altruisti e vorrebbero invitare all’attenzione quanti, come loro, si accingono ad acquistare lenti correttive.
Gli ipovedenti non sono gli unici destinatari della lettera. La presente indurrà a riflettere coloro i quali ben ci vedono, ma non si fermano mai a pensare che gran dono sia una vista perfetta. 
Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 27 novembre 2012, p. 24.

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