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domenica 6 maggio 2018

Il sacrosanto diritto di tutelare la propria salute

È lecito arrogarsi il diritto di tutelare la propria salute in prima persona. Specialmente se demandare la questione a medici o farmacisti si rivela spesso un’incerta lungaggine. Vorrei riferire i rari episodi di persone che hanno contattato direttamente le case farmaceutiche o le aziende che producono materiale sanitario. Pochi pazienti hanno seguito questa procedura per comprendere a fondo la personale compatibilità con un determinato farmaco o con la sperimentazione di un trattamento innovativo. Grazie alla rete, il più democratico dei mezzi di comunicazione ed informazione, c’è la possibilità di raccogliere informazioni su strumenti, trattamenti, composizione chimica dei farmaci e sulle aziende stesse che si occupano della loro produzione e commercializzazione. È semplice reperire i dati delle case farmaceutiche e non è vietato che un comune cittadino instauri un contatto.
Silvana Calabrese Direttore
Ma le aziende sembrano non apprezzare l’interessamento dei privati cittadini, nonché potenziali fruitori di farmaci o trattamenti. Infatti finché il paziente non li mette in riga, gli impiegati tendono a mostrarsi stizziti. 1) Sostengono che solo il medico o il farmacista può avere l’ardire di contattarli e che il comune paziente non dovrebbe impicciarsi. 2) Aggiungono che è molto strano che un banalissimo cittadino sia così bene informato sui trattamenti usuali o all’avanguardia e che padroneggi un gergo tecnico pur non esercitando una professione in campo sanitario. 3) Chiedono, con stupore, come faccia una persona comune (il tipico paziente meticoloso) a sapere così tante cose sui loro prodotti se non è del settore. 4) Danno per scontato che chi si presenta col titolo di dottore sia un medico o un farmacista. 5) Restano di stucco quando scoprono che il dott. Rossi è solo un laureato, ma non in medicina o farmacia. Ho elencato i cinque comportamenti assurdi analoghi alle cinque dita della metaforica mano che può dare loro una sferzata decisiva. A questa gente si risponde così: 1) il paziente non si impiccia d’altro che della propria salute; medici o farmacisti se sprovvisti di informazioni non sono celeri o motivati nel reperirle; 2) una persona colta padroneggia qualsiasi linguaggio e si mostra sempre informata; 3) le ricerche in rete accrescono la conoscenza; 4) ogni laureato ha il titolo di dottore, ma non è detto che sia un medico.
Concluderei con una nuova massima: oh voi delle case farmaceutiche, siate umili con i pazienti come fossero vostri capi, poiché essi (e non i medici o i farmacisti) acquistano i vostri prodotti. 
Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 3 febbraio 2016, p. 16.

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