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lunedì 9 novembre 2015

Lo scrittore fantasma, mestiere sempre più in luce

Ghostwriter di professione, oggi mi racconto
Oggi vi vorrei raccontare una professione poco diffusa nel nostro paese. Da ghostwriter di professione, oggi mi racconto. Ghostwriter è un termine inglese che indica lo scrittore fantasma o scrittore ombra, che viene cioè ingaggiato per scrivere libri, autobiografie, articoli, lettere e discorsi che saranno firmati da un’altra persona, il committente.
Nel mondo anglosassone tale mestiere si è propagato con la necessità di scrivere le biografie di personaggi pubblici. Così è nato lo scrittore ombra perché resta nell’ombra, ivi agisce, e perché segue l’autore accreditato come un’ombra per raccogliere il maggior numero di dati. Un ghostwriter che si rispetti deve amare la propria lingua e saper variare il proprio stile linguistico rendendolo simile a quello del committente. È un genere di elasticità camaleontica quella che si richiede agli scrittori fantasma. L’inclinazione al rispetto delle scadenze concordate è un fattore congenito. Il famigerato blocco dello scrittore non è contemplato. Occorre saper organizzare il proprio lavoro in vista dell’obiettivo finale, secondo un buon metodo di lavoro, ma soprattutto di ricerca.
Viviamo in un periodo critico in cui la penuria di occupazioni tradizionali motiva a inventarsi un lavoro che risponda a delle precise esigenze sociali. Oggigiorno sull’onda lunga dei best seller di fama mondiale, è germogliata la voglia di essere autori di un libro, almeno uno per poter affermare con orgoglio «ho scritto un libro». Ma l’aver condotto gli studi con scarsa dedizione rende tale desiderio velleitario. Allora entro in gioco io. A volte mi sembra di essere un mercante di sogni. Con la potenza e la delicatezza delle parole dipingo gli scenari che i miei committenti avrebbero voluto scrivere. I loro sogni si avverano ed io ricevo un equo compenso, naturalmente regolarizzato col fisco. Ma come è iniziata quest’avventura? L’idea non è partita dalla mia mente, bensì dal caso. Ero al liceo quando mi capitò di scrivere dei temi ai compagni che volevano mantenere un voto alto ottenuto per pura fortuna. All’epoca il ricavato equivaleva all’espressino al bar e al passaparola che mi avrebbe permesso ulteriori allenamenti. Nessuno si accorse di nulla perché emulavo alla perfezione gli stili linguistici dei miei compagni. Giunta all’università intravidi molti colleghi scontrarsi con il dosso della tesi di laurea e diedi loro aiuto ad impostare l’intero impianto argomentativo. Oggi posso affermare di essere cresciuta molto in questo ramo comunicativo e sono lieta di aver condiviso con voi questa esperienza.
Da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 28 settembre 2015, p. 12.

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